Pensieri da Parroco #15

Categorie: Parola del Parroco

Si scatenò un vento di uragano.

Paolo, nel suo viaggio verso Roma, incontra un uragano, dicono gli Atti al capitolo 27: “Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco…, levarono le ancore e si misero a costeggiare Creta da vicino. Ma non molto tempo dopo si scatenò dall’isola un vento di uragano, detto Euroaquilone. La nave fu travolta e non riusciva a resistere al vento: abbandonati in sua balìa, andavamo alla deriva.

La pandemia che sta colpendo il mondo ha la potenza di questo uragano, colpisce uomini e donne, piccoli e grandi, giovani e anziani, stranieri, greci, di ogni lingua e di ogni popolo. Noi tutti siamo accomunati dalla stessa barca, ossia il mondo e dallo stesso uragano. La barca del mondo sta andando alla deriva.

Capisco che alcuni non gradiscano questa lettura catastrofica della pandemia, come tanti passeggeri della nave dove si trovava Paolo, forse non avevano quella stessa lettura del momento. Eppure siamo sullo stesso mondo, siamo sulla stessa barca e nella stessa tempesta. Qualcuno pensa che tutto passerà e approderemo, dopo il nostro viaggio, dove avevamo in programma di arrivare.

Paolo racconta che per resistere all’uragano dovettero gettare in mare il carico, per alleggerire la barca. Anche noi, in questo mondo, per non far naufragare la barca su cui siamo, abbiamo dovuto buttare in mare tante cose come l’economia, la ricchezza e tutto quello che abbiamo sacrificato per salvare l’equipaggio. Alleggerire il carico è una delle scelte da fare quando l’uragano imperversa: perdere il carico per non perdere tutto, perdere il carico per non perdere le persone. Nazioni nel mondo, paesi interi non hanno esitato a gettare tutto per sostenere le fasce povere che non avrebbero potuto vivere senza stare per strada, anche noi abbiamo ipotecato il nostro futuro e creato un debito ancora più grande. Un uomo avveduto non crea un debito inutile per un bene non necessario, ma in questo momento il debito è da considerarsi necessario per non dover escludere o non curare una parte dell’umanità. (Il fatto che in questa situazione ci sia qualcuno invece che purtroppo non considera economico difendere la vita dei deboli e degli esclusi ci deve far pensare). Paolo dice che alla fine buttarono in mare, a più riprese, dei cereali, anche ciò che era essenziale per vivere:

E il giorno seguente cominciarono a gettare in mare il carico; il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l’attrezzatura della nave. Da vari giorni non comparivano più né sole né stelle e continuava una tempesta violenta; ogni speranza di salvarci era ormai perduta.”

Dice inoltre Paolo: “Sulla nave eravamo complessivamente duecentosettantasei persone.” In questo mondo ci sono miliardi di uomini.

Ma ecco che, in questo uragano, in questa situazione drammatica, Paolo esorta, incoraggia, dona una parola di conforto “Fino allo spuntare del giorno Paolo esortava tutti a prendere cibo, dicendo: «Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell’attesa, senza mangiare nulla. Vi invito perciò a prendere cibo: è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto».”  Come Paolo, il cristiano è chiamato a mantenere sempre viva la speranza.

Il messaggio del credente non è un messaggio depressivo, ma un messaggio che alimenta la speranza. C’è una salvezza, una salvezza a costo alto, ma c’è.

Da molto tempo non si mangiava; Paolo allora, alzatosi in mezzo a loro, disse: «Uomini, avreste dovuto dar retta a me e non salpare da Creta; avremmo evitato questo pericolo e questo danno. Ma ora vi invito a farvi coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite umane in mezzo a voi, ma solo della nave. Mi si è presentato infatti questa notte un angelo di quel Dio al quale io appartengo e che servo e mi ha detto: «Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare, ed ecco, Dio ha voluto conservarti tutti i tuoi compagni di navigazione». Perciò, uomini, non perdetevi di coraggio; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato detto. Dovremo però andare a finire su qualche isola».”

In questo momento del racconto, c’è l’ invito ad avere fiducia, a non disperare. Quante volte la parola del Vangelo ci ha sostenuto, ci ha detto: “continua ad avere fiducia”!

Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell’Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l’impressione che una qualche terra si avvicinava. Calato lo scandaglio, misurarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, misurarono quindici braccia. Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno. Ma, poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prua, Paolo disse al centurione e ai soldati: «Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo». Allora i soldati tagliarono le gómene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare.”

Come non vedere in questo avvertimento di Paolo l’adagio di molti profeti di oggi “non ci si salva da soli!”

In un momento di pericolo pensiamo che salvare se stessi sia l’unica scelta “si salvi chi può!” ma questo momento ci ricorda che non si salva chi può, ci si salva tutti insieme, ci si salva se insieme riusciamo a salvare il mondo, la natura, il clima, l’ambiente. Ci si salva se non ci sono esclusi e se non si è escludenti.

Ecco che dopo questa parola di incoraggiamento Paolo spezza il pane. Anche noi abbiamo spezzato il pane della carità in questo tempo, il pane della condivisione, della solidarietà, il pane della Parola ed ora spezzeremo ancora, insieme, il pane dell’Eucarestia, sapendo che la verità del primo spezzare il pane sta nella seconda “fractio” e che lo spezzare del pane nella celebrazione non può mai dimenticare la solidarietà, la prudenza e l’amore per tutti.

Tutti si fecero coraggio e anch’essi presero cibo. Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave gettando il frumento in mare.”

La nave poi si incagliò: mentre la prua, arenata, rimaneva immobile, la poppa si sfasciava sotto la violenza delle onde. I soldati presero la decisione di uccidere i prigionieri, per evitare che qualcuno fuggisse a nuoto; ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo proposito. Diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiungessero terra; poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.”

Ci si salva tutti insieme…. Paolo, il prigioniero, non viene ucciso proprio prima di naufragare, prima di gettarsi in mare mentre la nave viene distrutta dalle onde. Questa nave distrutta dalle onde ci parla di un mondo da noi costruito che ora si sta distruggendo, senza riuscire a fare nulla.

 Sulla spiaggia tutti si raccolsero, dice il libro degli Atti al capitolo 28: “ci accolsero tutti attorno a un fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia e faceva freddo. Mentre Paolo raccoglieva un fascio di rami secchi e lo gettava sul fuoco, una vipera saltò fuori a causa del calore e lo morse a una mano.”

Può succedere che un pericolo passi, magari anche grande, ma non siamo mai tranquilli del tutto. Questo fatto della vipera che morde il naufrago dopo un pericolo scampato ci ricorda che non c’è luogo dove si possa stare al sicuro. Sempre, finché abitiamo questa terra, siamo nel luogo dell’incertezza.

“Ecco, un uomo fugge davanti al leone e s’imbatte in un orso. Entra in casa, appoggia la mano sul muro e un serpente lo morde.” (Amos 5,19) Il profeta sembra dire che c’è un destino inesorabile che ci colpisce? Oppure ci sta parlando dell’imprevedibilità della vita su questa terra?

Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli abitanti dicevano fra loro: «Certamente costui è un assassino perché, sebbene scampato dal mare, la dea della giustizia non lo ha lasciato vivere». Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non patì alcun male

Questa conclusione mi fa dire: “non abbiate timore, le prove sono molte, ma il destino è unico: la salvezza, la Salvezza pasquale”.

La barca si distrusse. Paolo cambiò programma e rimase per un anno sull’isola, ma il suo progetto si compì. Raggiunse Roma, anche se in ritardo, ma soprattutto annunciò il Vangelo di Gesù fino al cuore dell’impero, fino ai confini della terra.

Don Gianbattista

 

Naufragio, 1759 di Claude Joseph Vernet