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da “La Nona Campana”, novembre 2013
La storia
È la più antica chiesa di Ferno. La dedicazione al santo vescovo di Tours suggerisce di collocare il primitivo edificio dedicato a san Martino al tempo della dominazione dei Franchi sull’Italia settentrionale, cioè nei secoli dall’VIII al X. Fu costruito fuori dall’abitato, collocazione non inconsueta in epoca altomedievale. Ancora nel 1586, secondo gli atti della visita pastorale di quell’anno, la chiesa di san Martino era separata dall’abitato di Ferno quanto il lancio di un sasso. In origine era certamente più piccola dell’attuale.
È citata per la prima volta nel Liber Notitiae Sanctorum Mediolani, un repertorio del 1290 delle chiese allora presenti nella diocesi di Milano. Tale repertorio contiene un elenco di oltre 130 chiese dedicate san Martino e, in appendice ad esso, due biografie del santo, con molti episodi della sua vita tramandati dalla devozione popolare, che lo presentano come viaggiatore, taumaturgo, fondatore di comunità monastiche, mentre l’agiografia moderna lo ritiene soprattutto uomo di eccezionali virtù e grande missionario.
La chiesa di san Martino risulta poi citata nel 1398, nel 1455, nel 1564. La sua prima descrizione è soltanto del 1566. Il gesuita Lionello da Clivone, visitatore per conto dell’arcivescovo San Carlo Borromeo, annotò che si trattava di una chiesa consacrata, ove si celebrava regolarmente la messa festiva, un’aula di 25 x 10 braccia (= 12 x 5 m circa) con tre altari, l’altare maggiore e due minori, rispettivamente detti di san Francesco e dell’Annunciazionem ed il fonte battesimale in pietra. La circondava il cimitero. Fu allora che il console ed alcuni esponenti della comunità di Ferno chiesero al visitatore il trasferimento della dignità parrocchiale, o almeno delle funzioni parrocchiali, dalla chiesa di san Martino a quella di sant’Antonio. La loro richiesta fu accolta dal cardinale arcivescovo Carlo Borromeo nel 1570.
Dagli atti della visita compiuta nel 1622 dal cardinal Federigo Borromeo(di manzoniana memoria) si evince che presso l’altare maggiore erano dipinti i quattro evangelisti e i dodici apostoli, nell’arco i profeti, nella volta del presbiterio varie figure di santi, mentre sulla parte meridionale della chiesa era dipinta una Madonna Addolorata. La chiesa, dicono gli atti, aveva sacrestia e campanile con due campane, aveva perso molti legati di culto perché trasferiti alla chiesa di sant’Antonio, ma continuava ad essere luogo di sepolture e di uffici funebri. Nel 1644 era sede della Confraternita dei Disciplini, istituita tre anni prima. Prima del 1682 i disciplini ebbero un loro oratorio distinto, addossato alla chiesa di san Martino e intitolato a san Carlo. II visitatore ecclesiastico del 1684, constatando che la chiesa di san Martino continuava ad assolvere alle funzioni cimiteriali, chiese che la comunità rifacesse i sepolcri interni e alzasse una grande croce nel cimitero esterno.
Molto precisa è la descrizione lasciata nel 1706 dal visitatore monsignor Mario Corradi. Due gradini laterizi, sormontati da una cancellata di ferro, introducevano al presbiterio, profondo 8 cubiti e largo 8 cubiti e un quarto (= 3,5 x 4 m circa); sopra l’altare stavano due gradini di legno dipinti e una finestra con inferriata che guardava dentro l’oratorio dei disciplini. La sagrestia era a nord del presbiterio. La chiesa, a pianta rettangolare, lunga 29 cubiti e larga 14 (= 12 x 6 m circa), aveva pavimento alla veneziana e soffitto a cassettoni che in alcuni punti era da rifare, una finestra ovale nella facciata sopra la porta maggiore, nella parete meridionale tre finestre con inferriata e una porta che immetteva al cimitero. In fondo alla chiesa pendevano le corde delle campane installate sulla torre a pianta quadrata. I sepolcri interni alla chiesa erano otto: uno e per i sacerdoti, gli altri per le comunità. Il cimitero si estendeva davanti e a sud della chiesa, recinto da un muro. Nell’angolo di esso stava, non ancora finito, un ossario ove esporre per la pubblica meditazione le ossa dei morti.
Alle spalle della chiesa di san Martino c’era l’Oratorio di San Carlo, a pianta esagonale, con quattro finestre in alto e altrettante più in basso di sagoma semicircolare, la porta nella parete meridionale. L’altare era finto, adiacente a quello di san Martino, con un crocifisso di legno sopra la mensa.
La chiesa di san Martino fu restaurata nel 1731, come ricordano gli atti della visita del 1750 del Cardinal Pozzobonelli. Costui attestava la struttura a navata unica con nove sepolcri (uno della famiglia Zocchi, due per i disciplini di san Carlo, gli altri della comunità), confermava addossato alla chiesa l’oratorio dei Disciplini, chiamava parrocchiale sia la chiesa di san Martino che quella di sant’Antonio (cimiteriale san Martino, sacramentale sant’Antonio). Nel 1750 l’orator